Onorevoli Colleghi! - Considerato che l'agricoltura affonda le sue radici nel metodo di produzione biologico, a sua volta basato sui princìpi di salvaguardia e di valorizzazione delle risorse, del rispetto dell'ambiente e del benessere animale ripresi nel regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, e successive modificazioni, le aziende agricole biologiche, per loro natura e organizzazione, hanno un ruolo ambientale importantissimo. Esse consumano tra un terzo e metà di energia fossile rispetto a quelle convenzionali per unità di prodotto, hanno un effetto diretto per la riduzione delle emissioni dei gas serra e aumentano la capacità di assorbimento dei sistemi agrari di anidride carbonica (CO2).
      Il metodo di produzione biologico può essere un modello di sviluppo sostenibile e determina una riduzione delle emissioni di gas serra grazie in particolare a:

          a) riduzione dei consumi di trazione per:

              1) lavorazioni superficiali;

              2) uso diffuso dell'inerbimento;

          b) eliminazione dell'uso di pesticidi di sintesi;

          c) eliminazione dell'uso di fertilizzanti chimici di sintesi;

 

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          d) riduzione delle emissioni di protossido di azoto (N2O) e CO2 dai suoli per:

              1) ridotto apporto di azoto minerale al terreno;

              2) utilizzo di fertilizzanti organici.

      L'obiettivo intrinseco del metodo di aumentare il tenore di sostanza organica nel terreno, anche grazie a un suo maggiore grado di copertura vegetale durante l'anno, e quindi di accrescere la capacità di ritenzione del carbonio, conferisce alle aziende biologiche la prerogativa precipua di vero e proprio serbatoio di CO2.
      I serbatoi di carbonio nel suolo sono una soluzione sostenibile per raggiungere gli obiettivi della Convenzione generale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC) di proteggere e di aumentare i serbatoi di carbonio come mezzi per ridurre i cambiamenti climatici (UNFCC, 1997).
      Poiché la legge 1o giugno 2002, n. 120, che ratifica a livello nazionale il Protocollo di Kyoto, prevede la realizzazione di un Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra, adottato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica con delibera n. 123/2002 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, risulta fondamentale il contributo che l'agricoltura biologica può dare sin da subito per centrare gli obiettivi nazionali, anche in funzione del ritardo che riscontrano altri settori produttivi interessati, nell'ottemperare quanto previsto, per raggiungere gli obiettivi di riduzione.
      Occorre tenere bene presente anche il tipo di suolo in cui si pratica l'agricoltura biologica: i suoli sabbiosi, favorendo una rapida mineralizzazione della sostanza organica, hanno una parziale rilevanza come serbatoi, mentre suoli più argillosi o comunque di medio impasto (sabbia-limo-argilla) possiedono potenzialità ben più grandi di fissare in maniera relativamente persistente la sostanza organica naturale e quella aggiunta con i fertilizzanti organici (sempre che il carbonio sia ben stabilizzato). Sarebbe necessario dichiarare la «tessitura» dei suoli soggetti ad agricoltura biologica e calibrare puntualmente gli eventuali risparmi di emissione alle condizioni specifiche, attraverso una attenta valutazione dei suoli e del materiale organico apportato. Occorre quindi anche monitorare la pratica virtuosa della non lavorazione del suolo e determinare le caratteristiche analitiche della sostanza organica eventualmente da apportare.
      Per incentivare le pratiche virtuose descritte è stata pertanto presentata questa proposta di legge, della quale si auspica una sollecita approvazione.

 

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